Dante(dì) come non l'avete mai visto: L'ora dei dannati - l'Abisso


È proprio vero che, quando si tratta di certi autori - e dire autori in questo caso è come definire solo buona la parmigiana della nonna la domenica - non sai proprio da che parte cominciare. Deferenza? Paura? Un po’ di sana e semplice ignoranza? Tutto questo, e sicuramente anche di più. Dopo aver saggiamente messo le mani avanti, devo però arrivare al dunque: senza alcun (ulteriore) indugio, vi annuncio che oggi, 25 marzo, è il famoso Dantedì, e che voglio proporvi un modo singolare per celebrare il nostro Sommo Poeta…


Come molto probabilmente saprete, il Dantedì è una ricorrenza ideata per celebrare (come giustamente merita) Dante Alighieri, il padre della lingua italiana; ma perché cade proprio oggi? Semplicemente perché numerosi studiosi sono concordi nel far coincidere con il 25 marzo 1300 l’inizio del viaggio ultraterreno che ci viene raccontato nella Divina Commedia (data, tra l’altro, indicata come quella della Creazione dai teologi medievali).

Non sfuggono di certo i motivi per cui è stata istituita una giornata dedicata a Dante: d’altronde, non capita a molti autori di veder definita la propria opera “Divina”! E il Sommo Poeta non ha soltanto cambiato le sorti di una cultura, di una lingua e di una nazione che sono solo nostre, ma ha avuto un impatto enorme sulla letteratura di tutta Europa e, anzi, di tutto il mondo. Del resto, basta solo pensare alla miriade di iniziative organizzate l’anno scorso per i settecento anni della sua morte: mostre, conferenze, manifestazioni, documentari, spettacoli, concerti, programmi, tutti i gadget possibili e immaginabili e addirittura ricette dolci e salate…


Dunque, anche solo a causa delle ore passate a piangere sui libri di scuola, la figura di Dante è nota a tutti. Probabilmente, però, la maggior parte delle persone conosce veramente poco di questo straordinario autore; e io, che vengo perseguitata dalla Divina Commedia fin dalle scuole medie, avrei veramente pochissimi motivi per parlarvi (bene) di Dante. Perché diciamoci la verità, Dante è un genio, Dante è un mito, ma per capirlo davvero devi avere almeno due o tre lauree: non credo proprio che qualche “comune lettore” come me prima di andare a dormire si concili il sonno con qualche terzina, o mi sbaglio? Dunque no, anche se finora ho fatto di tutto per sviare ogni sospetto, non sono qui per parlare di Dante. Almeno, non personalmente…


C’è un genere letterario che, soprattutto tra i più giovani e soprattutto dopo l’ingresso - è proprio il caso di dirlo - nell’Olimpo dei best-seller di alcuni suoi famosi esponenti (Madeline *coff* Miller *coff coff*), sta spopolando ovunque: quello dei retelling - dei “ri-racconti”, se vogliamo-, ossia di quei libri che si basano su storie conosciutissime, come miti (uno di quelli che va per la maggiore? Il ratto di Persefone) o grandi classici, raccontate con uno sguardo più moderno, una nuova ambientazione o un diverso punto di vista. Il loro scopo? Far sì che vengano riscoperte e apprezzate dal pubblico di ogni età quelle opere immortali da cui di solito si preferisce stare (in)felicemente alla larga.

Perché, dunque, non provare a far sì che la Divina Commedia diventi qualcosa in più di un odiato oggetto di interrogazione? Questo deve essere quello che ha pensato Luca Tarenzi, autore de L’ora dei dannati - L’Abisso.


Titolo: L’ora dei dannati - L’Abisso
Autore: Luca Tarenzi
Prima edizione: Italia, 2020
Genere: fantasy, retelling
Editore: Giunti
Pagine: 346
Prezzo: 16,00 €


Virgilio, dopo aver intravisto la luce divina insieme a Dante, ha scoperto che non riesce più a rientrare nel Limbo, e si è ridotto a nascondersi di Cerchio in Cerchio dagli Spezzati, gli angeli caduti diventati demoni. Bertran de Born dopo una vita da soldato - non irreprensibile, certo, ma quasi necessaria in un’epoca pericolosa come la sua - si è ritrovato tra i seminatori di discordie della Bolgia IX, dove gli hanno mozzato la testa che ora egli ha staccata dal resto del corpo. Per il conte Ugolino non bastava essere lasciato a morire di fame insieme ai suoi figli: ora soffre tra i traditori del Cerchio IX, dove, immerso nel ghiaccio, come una bestia azzanna incessantemente il cranio del suo nemico, l’arcivescovo Ruggieri. Filippo Argenti in vita si è sempre fatto temere e rispettare a suon di pugni, e stare immerso nelle acque paludose dello Stige nel Cerchio V, quello degli iracondi, non lo ha cambiato affatto. Pier delle Vigne è stato ingiustamente accusato di tradimento dal suo re e più caro amico, e non sopportando la vergogna e la miseria della sua sorte ha scelto il suicidio: avrà anche straziato il suo corpo, così come ora le Arpie del Girone II martoriano l’albero secco in cui è stato trasformato, ma la sua mente è più attiva che mai. E ha in mente un piano per fuggire dall’Inferno - purtroppo, con l’aiuto di tutti gli altri. Oltre a difendersi dagli Spezzati e dalla loro crudele condottiera, la “Creatura che non aveva più un nome”, i cinque dannati dovranno guardarsi le spalle l’uno dall’altro: riusciranno nella loro folle impresa o saranno imprevisti, inganni e segreti a prevalere?


Quando ho acquistato questo libro, l’ho fatto mossa dalla curiosità, certo, ma anche dalla speranza che potesse rendere più interessanti e leggere le mie ore di studio (un modo come un altro per evitare di addormentarmi sui libri, in fondo). Be’, devo dire che non sono stata delusa: non solo mi sono trovata davanti a una storia fantasy avventurosa e avvincente, ma l’autore è riuscito a rendere perfettamente le atmosfere cupe, aspre, tormentate che Dante ha descritto nel suo immortale capolavoro.

Il rischio, con i retelling, è sempre quello di stravolgere eccessivamente la storia di partenza, rischio che qui avevo dato quasi per scontato: nulla di più sbagliato, perché Tarenzi ha lasciato intatto lo spirito della Commedia, e le ha anzi donato nuovo fascino soffiando via la patina del tempo e della critica accademica - che scoraggia inevitabilmente i lettori, soprattutto tra gli studenti - rivelando tutta l’attualità che tanto viene esaltata in Dante. 


Il fiore all’occhiello di questo libro? Di sicuro, i personaggi: con un tale cast di dannati, gli amanti degli antieroi troveranno pane per i loro denti! Nonostante il libro si concentri anche sulla storia vera e propria e - non credo di dovervelo specificare - sulla descrizione del world building, la parte che a mio avviso si è rivelata più interessante è stata il conoscere i protagonisti (o antagonisti, o "protantagonisti") grazie ai capitoli che alternano i diversi punti di vista: è stata una vera sorpresa, infatti, trovarmi davanti a personaggi che prima di essere i “cattivi” di turno da punire sono (ex) esseri umani; non uno solo dei nostri dannati, compresa anche la “Creatura che non aveva più un nome”, è privo di colpe e debolezze, ma allo stesso tempo ognuno di loro ha qualità, motivazioni, obiettivi che inevitabilmente finiscono per entrare in contrasto tra loro, rendendo una storia già di per sé interessante un racconto che emoziona. Una cosa che mi ha stupito e del tutto conquistato, visto che consideravo tutti i protagonisti (o almeno quelli di cui ero a conoscenza…) delle figure bidimensionali, lontanissime da me per epoca e per tematiche.


Devo dire però che ci sono stati alcuni elementi che, visto tutto, non mi hanno pienamente soddisfatto, non tanto dei difetti o delle mancanze (anche perché sono perfettamente inquadrati nella storia), quanto dei particolari che personalnente come lettrice non preferisco trovare. Il primo riguarda la scrittura dell’autore, solenne, maestosa e a tratti fin troppo enfatica per chi come me ne preferisce una più semplice e vivace; nonostante le mie particolari preferenze, però, devo riconoscere che Tarenzi è un ottimo scrittore, e che, per di più, il suo stile si adatta perfettamente alle atmosfere tese, cupe e tenebrose della storia.

Al ritmo lento della narrazione ha contribuito anche la poca azione all’interno del libro: dalla trama mi sarei infatti aspettata di trovare più scene dinamiche, anche se gli approfondimenti psicologici dei personaggi hanno totalmente sopperito a questa mancanza - mancanza, poi, secondo il mio personale gusto, perché c’è da dire che i nostri dannati fanno il giro dell’Inferno due o tre volte… E poi, dopo il cliffhanger con cui si conclude il libro, sono sicura che ne L’ora dei dannati - La montagna di azione ne vedremo fin troppa!


Concludo questa recensione fin troppo lunga con un invito: prendete questo giorno e questo libro come un’occasione per riscoprire le emozioni che da settecento anni Dante continua a trasmetterci, e regalatevi una prospettiva insolita ma profondamente affascinante su quel libro che ha forgiato la nostra storia. Direi che è proprio il caso di dire: ci vediamo all’Inferno!

Qual è il vostro rapporto con una figura come Dante? Apprezzate i retelling o preferite lasciare tranquilli i classici? Ditemi tutto nei commenti!

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