Antigone sta nell'ultimo banco


Un libro non ha età. Sembra una frase sciocca da dire, eppure molto spesso ci si dimentica della sua importanza: non avete idea di quante volte da ragazzina mi sia vergognata di leggere i classici del teatro e della letteratura perché li consideravo “da grandi” (e per grandi intendo vecchi), e al contrario di come crescendo faccia sempre più fatica a curiosare nel reparto bambini. Come me ci sono moltissime altre persone che rifiutano a priori i romanzi per ragazzi, nonostante tra questi si nascondano delle vere e proprie gemme: una delle tante è Antigone sta nell’ultimo banco di Francesco D’Adamo.


Quante volte siamo venuti a conoscenza di brutte notizie, di soprusi, di prevaricazioni, e quante volte ci siamo detti tra noi “ah, se una cosa del genere fosse successa a me, non sarei certo rimasto in silenzio!”? Quante volte abbiamo preferito immaginarci nei panni di Antigone, la sorella coraggiosa pronta a sfidare la legge e la morte pur di dare una degna sepoltura al fratello Polinice, piuttosto che in quelli di Ismene, la fifona che preferisce seguire le regole? Beh, a Jo la Peste è successo talmente spesso che ormai è sicura che nella recita di fine anno, l’Antigone di Sofocle appunto, sarà lei ad ottenere la parte della protagonista. Cresciuta in una piccola e conformista città di provincia, sempre tra le stesse facce noiose, è infatti dotata di creatività, spirito ribelle e soprattutto un pessimo carattere che la fanno apparire come la mosca bianca della situazione. E così tra il sogno di calcare le scene e quello di scappare dagli “zombie” che la circondano per Jo arriva l’estate e, con essa, la raccolta dei meloni, ricchezza della zona. Questo significa solo una cosa: che “Quelli del Fiume” stanno per tornare. I braccianti clandestini, accampati nelle baracche sull’Argine Grande e pagati pochi euro l’ora per spezzarsi la schiena sotto il sole, si meritano infatti solo quel generico soprannome e l’astio dei paesani: “per noi erano tutti uguali, non avevano né un nome né una faccia precisa. In effetti, a dirla tutta, quasi non li vedevamo in realtà”. Ma quando uno di loro viene ritrovato morto e i cadaveri che rischiano di rimanere insepolti diventano due, Jo si trova davanti a un bivio: seguire le orme rivoluzionarie di Antigone o farsi da parte come Ismene? Tra i graffiti satirici del misterioso Cat Fly che appaiono di colpo sui muri del paese e le ripercussioni della vicenda sulla sua famiglia, però, Jo imparerà presto che le due figlie di Edipo sono facce della stessa medaglia, soprattutto quando camminano unite e parlano con una sola voce. 


Se avete letto le mie recensioni di libri come Illuminae, Magic o Guida galattica per gli autostoppisti, già saprete quanto io ami quella sensazione di sorpresa scatenata da una lettura che inizialmente non avevo quasi preso in considerazione. Sensazione, questa, che ho provato anche e soprattutto grazie a questo libro: l’avevo acquistato sul Kindle giusto perché incuriosita dal titolo, ma essendo per ragazzi l’avevo subito etichettato come “lettura leggera” o “tappabuchi” da blocco del lettore. Volete sapere come è finita? La storia mi ha talmente catturato da ritrovarmi sveglia alle due di notte per finirlo (altro che zombie quelli descritti nel libro, dovevate vedere me la mattina a scuola...)! 


Già la protagonista, Jo, è di per sé un buon motivo per iniziare questo libro: dotata di pessimo carattere, testardaggine, schiettezza, tatto e mezze misure non pervenuti, oltre che alla sua più famosa omonima creata dalla penna di Louisa May Alcott è molto simile a qualsiasi preadolescente che si rispetti, e vi garantisco che parlo per esperienza. Io -come anche tutti voi, immagino- mi ricordo fin troppo bene del tragico periodo delle medie (detta così sembra lontano anni luce...), in cui ero costantemente divisa tra il considerarmi una bambina o un'adulta, convinta di sapere ogni cosa per poi ritrovarmi sempre smentita. Il tutto, ovviamente, tenendo sempre il muso mentre ero divorata da un’ansia inspiegabile e mi sentivo molto Holden Caulfield, inseparabile cappello compreso. L’autore non avrebbe potuto creare un personaggio migliore, perché Jo rispecchia esattamente non solo queste caratteristiche universali, ma anche quelle più nascoste (o, almeno, che i ragazzi in questione cercano di nascondere): la paura, l’insicurezza, i dubbi e anche la vigliaccheria che le prime avvisaglie dell’adolescenza portano con sé. Pur mostrandosi come un’Antigone, infatti, anche Jo come tutti gli altri è nel profondo un’Ismene, tant’è che quando la vicenda del giovane clandestino “morto di fatica, di sole, di indifferenza e di mancanza di umana pietà” si abbatte direttamente sulla sua famiglia, capisce quanto più comodo sia stare in silenzio che difendere la propria idea ad alta voce: tra Federico, il padre medico che decide di non chiudere la bocca e di chiedere una giusta sepoltura per il bracciante sconosciuto, e Pelù, il fratello che dalla morte della madre sembra totalmente cambiato -in peggio-, anche Jo si attira la sua dose di malcontento da un paese di zombie che non vuole guai o grattacapi, continua a chiudere gli occhi, preferisce lamentarsi invece che migliorare la situazione. Antigone o Ismene, dunque? Urlare o tacere? Questa sarà la domanda che Jo continuerà a porsi, almeno finché non scoprirà che “anche Ismene un giorno potrebbe diventare Antigone”...


Con un linguaggio semplice e diretto, Francesco D’Adamo riesce ad arrivare a giovani e meno giovani parlando di tematiche difficili eppure fin troppo comuni come razzismo, accettazione, menefreghismo e ipocrisia. Certo, la trama è abbastanza intuibile e i colpi di scena non sono quelli a cui una divoratrice di fantasy come me è abituata, ma il suo bersaglio lo centra perfettamente. E, cosa ancora più importante, fa sì che gli occhi di tutti i lettori, indipendentemente dall’età, rimangano attaccati alla freccia. 


I libri non hanno età, dicevamo. Non ci sono libri per bambini, per adolescenti, o per adulti. Esistono solo i libri, libri che piacciono o non piacciono, che consideriamo belli o meno belli. Esistono solo i libri, e ciò che possono insegnarci. E Antigone sta nell’ultimo banco, credetemi, ha tanto da dire.

Anche voi la pensate come me? C’è stato un libro per ragazzi che è riuscito a stupirvi? Ditemi tutto nei commenti!


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