Una stanza tutta per sé


Ho sempre preferito la narrativa alla saggistica: per me i libri rappresentano una forma di evasione, una porta verso mille mondi in cui perdermi (e magari, chissà, ritrovarmi) e in generale una fonte di puro piacere e divertimento. Non ho mai letto per sentirmi più intelligente né tantomeno per studiare (a meno di non essere obbligata a farlo, e sì, sto guardando te, scuola italiana!), semplicemente perché sprecare il mio tempo con qualcosa di interessante -per me- quanto una televendita di bulloni usati non è proprio la mia attività preferita, soprattutto da quando ho scoperto, ahimè, che sarebbe un miracolo riuscire a leggere 5000 libri in tutta la propria vita. Perciò, niente saggi, almeno finché non mi sono imbattuta in questo. Ad essere sincera, nella mia ignoranza credevo fosse un romanzo: è diventato già un classico nonostante sia stato scritto solo nel 1929 ed è forse l’opera più conosciuta di un'autrice famosissima, quasi un’icona -indizi, questi, che mi avrebbero fatto pensare a tutto tranne che a un saggio. È stato proprio per avvicinarmi a questa scrittrice che ho comprato, sostanzialmente a scatola chiusa, questo libro, senza sapere minimamente cosa aspettarmi, se non, ribadisco, che fosse un romanzo. 

Beh, Una stanza tutta per sé di Virginia Woolf non sarà un romanzo, ma non è nemmeno un saggio qualunque. 


Le donne e il romanzo poteva significare la donna vera e la donna nel romanzo; oppure le donne e i romanzi che esse scrivono; oppure le donne e i romanzi che parlano delle donne; oppure il fatto che, in un certo senso, le tre accezioni sono inseparabili, e perciò voi volevate che io le considerassi sotto questo aspetto”: questo ci scrive Virginia Woolf nella prima pagina di quel libro che, appunto, parla delle donne e del romanzo. Ma, anche se “quando un argomento è molto controverso non si può sperare di poter dire la verità” e “si può soltanto offrire al pubblico una opportunità di trarre le proprie conclusioni”, Woolf sa bene che per parlare di questo complicato tema non è possibile non prendere in considerazione il ruolo che il benessere economico e le aspettative della società hanno giocato nella storia della scrittura femminile. Perché, infatti, nessuna donna ha dimostrato il genio di Shakespeare? C'entrerà forse il fatto che il sesso femminile non ha mai goduto di stabilità economica? O magari sarà che è da sempre confinato in una casa piena di pentole sul fuoco e frugoli urlanti, al punto da non poter avere “una stanza tutta per sé”? Ma domande e risposte, mi raccomando, vanno formulate sottovoce, perché Dio non voglia che “i professori, i maestri, i sociologi, i teologi, i romanzieri, i saggisti, i giornalisti, gli uomini che non avevano nessun titolo tranne quello di non essere donne vi sentano e accorrano a farvi una delle loro mille, discordanti, insopportabili prediche.


Se avete letto la mia recensione di Diario di scuola saprete già che faccio piuttosto fatica a parlare dei saggi, sia per la mia poca esperienza, sia perché un commento -il mio, perlomeno- nella maggioranza dei casi diventa quasi superfluo (questo solo per dirvi che non mi assumo nessuna responsabilità). Ad ogni modo, nonostante sia stato scritto all’inizio degli anni ‘30 e quindi a mio modesto parere alcune opinioni siano un po’ vetuste (ma, come dice Woolf, il pubblico può trarre le proprie conclusioni "osservando le limitazioni, i pregiudizi, le peculiarità dell’oratore”), in generale questo saggio è di una modernità disarmante già se si prende in considerazione solo il suo nucleo: senza il giusto supporto economico, familiare e sociale, una donna -ma anche un uomo- non può liberare i propri talenti e, di conseguenza, sé stessa. Costrette a sposarsi giovanissime, a sottostare al volere di padri e mariti e ad avere come unico compito quello di accudire ai figli e alla casa, le donne sono state relegate nell’ignoranza e messe a tacere, al punto che le poche che hanno osato alzare la voce sono state considerate pazze sconvenienti persino dalle loro “compagne di oppressione”.


In questo libro molte sono state le immagini usate da Virginia Woolf per descrivere la donna, ma due in particolare sono riuscite davvero a colpirmi: uno “specchio magico e delizioso in cui si rifletteva la figura dell’uomo, raddoppiata” e “lo spirito della vita e della bellezza, rinchiuso in cucina a tagliare il lardo”. Entrambi, e non c’è da stupirsi, si riferiscono alla sua figura in rapporto agli uomini: “avete un'idea di quanti libri si pubblicano sulle donne in un anno? Avete un'idea di quanti fra questi libri sono scritti da uomini?”. Già, perché “gli uomini saggi non dicono nient’altro, a quanto pare”, e soprattutto non pensano mai la stessa cosa sulle donne”: insignificanti o estreme, senz’anima o divine, timorose o violente, capaci o meno di essere educate… si potrebbe andare avanti per secoli. La situazione si complica ulteriormente se si pensa che dai poeti sono magnificate ed esaltate come l’essenza della vita, ma ciò non ha portato loro alcun diritto; almeno, i professori (e in alcuni casi i regimi come quello fascista, a cui si fa più di un riferimento) sono coerenti: loro le disprezzano sia a parole che a fatti. Il punto è che la donna non viene vista mai come un individuo autonomo, ma solo in funzione degli uomini -e mai delle altre donne, attenzione- che le stanno accanto: a tutti gli effetti un prodotto della società patriarcale, ma senza la capacità di decidere di sé stesse, servono solo ad esaltare il padre, il marito o il fratello, stando attente a non mandare in frantumi il loro fragile ego e permettendo loro di sentirsi superiori. Beh, bello schifo.


E questo, ovviamente, si riflette nei (rari, almeno fino al Novecento) romanzi femminili: poche donne possono concedersi il lusso di non far trasparire la propria personalità e rivelare il loro talento “in purezza”, deviate o dal pudore e dalla paura dei critici (ovviamente maschi) e della società (ovviamente maschilista), o dalla loro rabbia e rivendicazione; e i romanzi scritti da uomini non sono migliori, perché pervasi da un egocentrismo che solo il sesso che scredita l’altro per dimostrare la propria superiorità può avere. Per Woolf, dunque, il genio -quello di Shakespeare e Keats, per intenderci- consiste nell’androginia, la perfetta armonia tra spirito maschile e femminile in una sola persona, la completezza assoluta. Ma di questo, lo prometto tanto a voi quanto a me stessa), ne parlerò presto...


Dopo aver tessuto le lodi di questo libro, torniamo alla ragione per cui finora ho preso le distanze dai saggi: per quanto importante sia questo argomento, anche considerando il periodo storico in cui viene trattato, esso poteva risultare pesante e perfino noioso -della serie “sì, d’accordo, la cultura è importante, l’uguaglianza di genere pure, ma nel weekend anche no”. Beh, scordatevi tutto ciò, perché questo libro mi ha tenuta incollata alle sue pagine come una falena alla lampadina: lo stile raffinato, arguto e semplicemente meraviglioso di Woolf lo rende infatti accattivante e scorrevole, e pieno di descrizioni e simbolismi quasi fatati; grazie alla semplice eleganza che lo pervade, mi è sembrato quasi di trovarmi in un salotto a prendere il tè con un'amica -un’amica capace di scrivere “era giunto il momento di arrotolare la sgualcita pergamena del giorno, con le sue discussioni, le sue impressioni, la sua collera e la sua gioia, e buttarla dietro una siepe. Mille stelle scintillavano nei deserti azzurri del cielo. Ci si sentiva soli in mezzo a un'inscrutabile società”, certo, ma chi mi vieta di avere amiche acculturate?


Vi consiglio Una stanza tutta per sé? Certo. Ve lo consiglio per imparare a lasciarvi scorrere addosso il pensiero di una società che vuole incasellarci in mille modi diversi e a cui comunque non andremo mai bene; ve lo consiglio per tenere a mente le conquiste che abbiamo ottenuto e per ricordarci i nomi di quelle donne a cui dobbiamo molte delle nostre libertà, nella letteratura come nelle nostre vite; ma soprattutto, ve lo consiglio per assicurarci che la fittizia Judith Shakespeare o qualsiasi altra poetessa distrutta dalla sua epoca continui a vivere in noi, indipendentemente dal nostro sesso.


Dopo questa lettura, mi sento pronta ad approfondire sia la saggistica che le opere di Virginia Woolf, perciò vi chiedo: avete letto qualcosa di questa autrice? Avete dei saggi da consigliarmi? Come sempre, potete passare dai commenti! 

Commenti

Post popolari in questo blog

La spada e il crisantemo

Serpent & Dove - La strega e il cacciatore

Il grande ritratto