Il Trono di Ghiaccio


Eccoci arrivati, cari lettori, alla seconda tappa delle mie recensioni de Il Trono di Ghiaccio! Dopo esserci riscaldati con il suo prequel, La Lama dell’Assassina, iniziamo dunque la serie vera e propria. Dopo aver dato uno sguardo a tutte le disparate opinioni online su una saga young adult ormai famosissima, non siete curiosi di sapere cosa ne pensa la vostra book blogger di fiducia (come si vede che mi sto montando la testa, ve’?) ? Se la risposta è sì, continuate a leggere questo post!


Se c’è un posto sulla terra che può essere chiamato inferno, quello è Endovier, dove nelle sue famigerate miniere di sale lavorano, vivono e soprattutto muoiono migliaia di schiavi, la maggior parte ribelli che si sono opposti alla brama di potere del malvagio Re di Adarlan. La stragrande maggioranza non sopravvive più di qualche mese, ma c’è un'eccezione: Celaena Sardothien, fino a poco tempo prima l’assassina più famosa ed efferata del Regno, che dopo un anno non è ancora stata spezzata dalla fatica e dal dolore. Ma quando un giorno viene condotta dal Capitano delle Guardie reali al cospetto del Principe Ereditario -rispettivamente Chaol Westfall e Dorian Havilliard-, non esita ad accettare la proposta di quest’ultimo: diventare la sua concorrente in un torneo in cui la peggior feccia dell’Erilea si dovrà sfidare per guadagnarsi il titolo di Paladino del Re, l’assassino personale di Sua Maestà, per ben quattro anni. E anche se servire l’uomo che è responsabile della schiavitù di regni interi e della scomparsa della magia le fa più che ribrezzo, la possibilità di una futura libertà la spinge ad accettare. Celaena si ritrova così sotto il nome di Lillian Gordaina nel famoso Castello di Cristallo, tra intrighi di corte, rivalità tra concorrenti e i confronti quotidiani con Dorian e Chaol, che potrebbero rivelarsi amici, o qualcosa di più. Ma un soggiorno già di per sé complicato diventa presto una lotta per la sopravvivenza quando un’oscura forza sembra essersi risvegliata per interferire nel torneo, e soprattutto nella vita e nel passato di Celaena…


La prima parola che mi viene in mente per descrivere questo libro purtroppo è “delusione”: non riuscivo a credere che l’autrice fosse la stessa persona che ha scritto La corte di rose e spine e che è riuscita a coinvolgermi così tanto nella sua storia! Dopo aver considerato però che la Maas quando lo ha scritto era solo una sedicenne, e che dopotutto non avevo mai avuto troppe aspettative su questo libro, ho tirato le somme e scritto infine questa recensione che, vi avverto, è tutt’altro che positiva, ma che non è nemmeno terribile come sarebbe dovuta essere…


Iniziamo da Celaena, la protagonista. Cosa ci si può aspettare da una spietata assassina, con un passato tanto avventuroso quanto pieno di dolore alle spalle (come saprete se avete letto la mia recensione de La Lama dell’Assassina), costretta a restare nel castello dell’uomo che ha causato la rovina sua, del suo Paese e dell’intero continente? Certo non di pensare solo a vestiti, libri e irritanti principi accompagnati da guardie ancora peggiori! Eppure, è praticamente questo ciò che Celaena si ritrova a fare, e d’altronde come darle torto: le prove che deve affrontare insieme ad altri ventitré concorrenti (da criminali feroci e famosi quasi quanto lei a poco più di semplici rubagalline) sono talmente semplici e noiose che non c’è più di tanto da dire sul loro conto. Insomma, si sta scegliendo il futuro paladino del re, non l’animatore preferito del villaggio vacanze! Non basta arrampicarsi sulla facciata di un palazzo o tirare qualche freccia contro un bersaglio per diventare sicario di fiducia di Sua Maestà, vero? E anche se mi è piaciuto il fatto che la Maas si sia concentrata sul lato umano di Celaena -che, non ci scordiamo, è poco più che un’adolescente-, avrei preferito che ci venisse rivelato con più gradualità, o almeno che ci fosse mostrato di più quello di vera e propria assassina. Perché siamo d’accordo che a una ragazza piacciano abiti, libri e musica, ma qui si sta parlando dell’assassina più famosa del Regno, che è sopravvissuta a un anno di brutale schiavitù… Senza contare che il dolore, la rabbia e l’orgoglio sono gli unici tratti che ci vengono rivelati della sua personalità, il che la rende un collage della “tosta a tutti i costi” così tipica degli young adult. Insomma, un po’ di visione d’insieme non guasterebbe. 


Un’altra nota dolente all’interno di questo libro, cosa devo dire parecchio irritante, sono le cose che “succedono perché lo dico io”. Non posso farvi troppi spoiler, ma è praticamente l’apoteosi della coincidenza. Guarda caso, nella camera della protagonista -tra l’altro perquisita per evitare la presenza di qualsiasi tipo di arma- troviamo nascosta in un posto che più evidente non si può nientemeno che una …; guarda caso, quella che in pochissimo tempo è diventata l’unica amica della protagonista (e qui ci arrivo tra un attimo) è capace di …; guarda caso, lei è la prescelta per sconfiggere le forze oscure che si sono risvegliate nel Castello proprio dopo il suo arrivo (cosa che, comprensibilmente, non ha davvero voglia di fare); guarda caso, guarda caso, guarda caso...

Per le relazioni di Celaena le cose forse vanno quasi peggio: in qualche mese riesce a diventare amica della principessa Nehemia di Eyllwe, uno dei tanti Regni conquistati in cui i ribelli proliferano, farsi odiare dalla perfida oca di turno che ha messo gli occhi sul principe e addirittura dividere due amici fraterni come Chaol e Dorian, che fino al suo arrivo si sarebbero sacrificati l’uno per l’altro (solo per fare un esempio, Chaol ha rinunciato al suo titolo nobiliare e ai suoi possedimenti pur di proteggere l’amico), con l’immancabile e irritante triangolo amoroso di turno. Come si dice da me, mica pizza e fichi? 


Anche il worldbuilding lascia molto a desiderare: in primis perché pur aprendo il libro e vedendo immediatamente una bella mappa dettagliata di tutto il continente, a eccezione del viaggio fatto da Endovier per portare Celaena nella capitale, l’azione non esce dal castello, e in secondo luogo perché questo fantomatico sistema magico ci viene spiattellato in poche e confuse pagine senza un motivo apparente, per poi ricomparire nel mitico scontro finale. Il che è un po’ una delusione se si pensa al sistema di Corti e Fae Maggiori e Minori di un altro libro quasi sconosciuto…


Ma le note dolenti non sono finite qui! Ora, non so se il problema sia la scrittura originaria o la traduzione in italiano, ma in alcuni punti questo libro mi ha veramente stupito -in negativo- per la semplicità e l’inesperienza del suo stile. Conoscendo la scrittura della Maas, anche se qui entra in gioco il fattore giovane età, mi fa davvero strano che abbia potuto mettere su carta certe cose, ed è per questo che propendo per un’errata traduzione. Ne abbiamo un esempio addirittura nel titolo: quello originario è Throne of Glass, e cioè “Trono di Vetro”, il che fa riferimento al Castello di Cristallo (perché in inglese la differenza tra i termini “vetro” e “cristallo” a volte si annulla) di Rifthold; perché quindi in italiano è diventato Il Trono di Ghiaccio se non ci troviamo in presenza di una riscrittura di Frozen? E potrei andare avanti all’infinito…


Dopo aver praticamente massacrato questo libro, è giunto però il momento di spezzare una lancia in suo favore. Innanzitutto, come ho già ampiamente detto, la Maas aveva solo sedici anni quando ha iniziato a pubblicare Il Trono di Ghiaccio, e so bene come le cose che si scrivono da adolescenti, per quanto possiamo esserne fieri immediatamente dopo averle finite, si rivelino col tempo quasi una fonte di imbarazzo. Se poi ci aggiungiamo che Il Trono di Ghiaccio risale al 2012 (2013 in Italia), il periodo d’oro dei clichés fantasy, abbiamo un quadro completo della situazione. 

Se volete un po' di spensieratezza, di battutine pungenti, descrizioni di balli e vestiti da sera che vi facciano svagare un po', questo è il libro giusto. Altrimenti, passate oltre. 


Se varrà la pena di leggerci gli altri sette libri -sì, sette- che compongono la saga, lo scoprirete nelle prossime recensioni!

Ma adesso voglio sapere la vostra opinioni: ToG sì o ToG no? Sbizzarritevi nei commenti! 


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