Blood & Honey - La strega e il cacciatore Vol. 2

 

Avete presente quell'amaro in bocca che vi lascia un libro che vi ha sì soddisfatto, ma molto meno di quanto vi sareste aspettati? Immagino che questa sensazione fastidiosamente malinconica sia nota alla maggior parte di voi, soprattutto in quei casi in cui i precedenti libri dello stesso autore o peggio della stessa serie vi avevano così entusiasmato. Ebbene, questo è stato esattamente ciò che è successo con Blood & Honey, secondo volume della serie de La strega e il cacciatore. 


La trama riprende esattamente da dove ci siamo fermati: Louise e Reid, scampati per un pelo alla furia di Morgane, la regina delle streghe Dames Blanches, sono nascosti nella Forêt des Yeux con la loro (mica tanto) allegra combriccola, formata dall’apprendista chasseur Ansel, dalla strega di sangue Cosette, dal principe ereditario Beauregard e da Madame Labelle, misteriosa tenutaria del bordello Bellerose piena di dolorosi segreti. Dopo essere riusciti a salvare Lou e tutti i figli del re, la Dame des Sorcières è sulle loro tracce in cerca di vendetta, seguita dagli chasseurs, i cacciatori di streghe. L’unica possibilità di salvezza risiede nelle alleanze che i nostri cercheranno di stringere, in primis quella con la congrega delle Dames Rouges, le streghe di sangue: la loro regina e zia di Coco, la strega La Voisin, è infatti una delle poche persone capace di tenere testa alla Dame de Sorcières, sua nemica giurata. Il suo aiuto, però, non è sufficiente: per sconfiggere le Dames Blanches, infatti, i nostri avranno bisogno anche di quello della Bestia di Gevaudan, capobranco dei loup garou, e perfino di quello del re e degli chasseurs. E oltre alle mille crepe che dilaniano Belterra, evidenti ora come non mai, Lou e Reid dovranno affrontare anche quella che si fa strada tra di loro: se infatti la nostra strega non si fa problemi ad abbracciare anche i lati più oscuri della magia pur di proteggere i suoi amici, l’ex capitano Diggory continua a rifiutare i suoi nuovi e inaspettati poteri. Riusciranno a far fronte comune contro la crudele Morgane o si ritroveranno di nuovo l’uno contro l’altra?


Se avete letto la mia recensione di Serpent & Dove (cosa che vi consiglio caldamente di fare per comprendere al meglio il mio piccolo lutto letterario), saprete che ho adorato ogni cosa che la mente di Shelby Mahurin è riuscita a creare in questo fantasy, dal worldbuilding, ai personaggi, agli esplosivi dialoghi tra Lou e Reid. Il finale più aperto di una finestra a Ferragosto e le mie migliaia di curiosità su ogni più piccolo dettaglio del libro mi avevano lasciato col fiato sospeso durante quel mese che mi divideva dall’uscita di Blood & Honey, tant’è che non ho resistito a comprarlo proprio il 4 marzo, senza dargli neanche il tempo di abituarsi alla libreria. Decisa come sempre a non farmi influenzare dai pareri negativi che già iniziavano a fioccare, ho iniziato la lettura con le migliori intenzioni, seppur con un vago sentore di preoccupazione. E alla fine, il libro non si è rivelato né pessimo né entusiasmante, e forse questo “grigiore” che lo avvolge è stato peggiore del più completo e totale sfacelo. 

Il mio giudizio può in sostanza riassumersi nei proverbi “troppa carne al fuoco” e “tutto fumo e niente arrosto” (la ricorrenza della brace è puramente casuale e non ha nulla a che vedere con il mio DNA abruzzese): vediamo perché. 


Iniziamo dai personaggi principali, e cioè Reid e Lou. Li ritroviamo entrambi prostrati dal dolore, dai segreti, dal senso di colpa e in generale dalla stanchezza emotiva provocata da un’esperienza come la loro, avvenuta tra l’altro così rapidamente da non lasciare spazio all’elaborazione: il primo è alle prese con la scoperta della tanto odiata magia che scorre nelle sue vene e con quella di una nuova, frammenta e di fatto inesistente famiglia, con il lutto per la morte dell’arcivescovo che lui stesso ha provocato, con la sua lealtà agli chasseurs e alla Chiesa messa del tutto in discussione, mentre la seconda deve fare i conti con le sue bugie e un potere sempre più forte e oscuro (e dei capelli diventati bianchi a causa dello scarso talento di Beau come parrucchiere) che la rendono spaventosamente simile alla madre Morgane. Mai come ora, il loro amore è messo a dura prova sia dalle opposte convinzioni e credenze, sia da una nemica potentissima e perversa che si diverte a giocare con loro come il gatto fa col topo. 

Ma se in Serpent & Dove la loro differenza di opinioni era stata affrontata con la particolare ironia al vetriolo di Lou che sconvolgeva il rettissimo chasseur, dando origine a scambi di battute pungenti ed oltremodo esilaranti, in Blood & Honey essa diventa solamente un peso che i due si devono trascinare appresso. Della chimica esplosiva che li contraddistingueva e che era stata uno dei principali punti forti del primo volume è rimasto ben poco (anche se quel poco è stato molto apprezzato), ma questo tutto sommato non avrebbe rappresentato un problema, anzi: vedere i due protagonisti battibeccare come due adolescenti di fronte a un pericolo mortale che minaccia l’intero regno non sarebbe stato solo poco credibile, ma anche abbastanza insopportabile. 


Nonostante quindi rimpianga l’ironia che pervadeva Serpent & Dove, posso dire con certezza che questa sarebbe stata facilmente rimpiazzata con una descrizione più accurata del world building, su cui dopo il primo libro erano sorte numerose domande, e dei personaggi secondari, ai quali personalmente mi ero e mi sono affezionata anche più che a quelli principali. Non credo ci sia bisogno di dire che questi due punti non sono stati soddisfatti. 

Partiamo dal world building: in Serpent & Dove ci viene detto che tra le tante creature magiche che infestano Belterra, le più odiate sono proprio le streghe, divise poi in Dames Blanches e Dames Rouges; se delle prime il quadro che ci facciamo è abbastanza dettagliato, delle seconde non si sa quasi nulla e la loro presenza viene appena accennata. Inoltre, ci viene rivelata anche l’esistenza delle sirene melusine, dei matagot (spiritelli dalle sembianze animalesche che si legano alle anime in pena) e soprattutto dei loup garou, i lupi mannari. Il mondo creato dalla Mahurin appare quindi intricato, originale ed estremamente interessante, ed il fatto che finora di tutto questo ci fosse stato rivelato veramente poco non aveva fatto altro che alimentare la mia curiosità. Peccato che alla fine la sua descrizione non sia stata effettivamente all’altezza della sua complessità: di questo mondo, ispirato tra l'altro a molteplici leggende francesi, ci vengono infatti rivelati solo pochissimi e frettolosi dettagli che a mio parere non sono assolutamente sufficienti a soddisfare la curiosità di quei lettori che, come me, oltre a una buona storia cercano anche un’ambientazione credibile e curata.

Storia che tra l’altro viene fuori molto danneggiata e confusa non solo per questa omissione (dimenticanza?) che troverebbe un senso solo in un futuro cambio di rotta già programmato, ma anche e soprattutto dall’effettiva mancanza di caratterizzazione della maggior parte dei personaggi. Come ho già detto, uno dei motivi per cui ho continuato questa saga era stato proprio l’approfondire le vicende di Ansel (giustizia per questo povero cucciolo a cui non ne va mai bene una), Coco e Beau: mi erano entrati nel cuore già dalla loro prima apparizione, e il loro difficile (almeno per me, egualmente affezionata a tutti e tre) triangolo amoroso non aveva fatto altro che amplificare il mio interesse. Ebbene, vedere loro e la loro storia liquidati in modo così frettoloso, continuando a celare il loro potenziale in perfetto stile iceberg, è stata forse la mia più grande delusione relativa a questo libro. Senza contare tutti i nuovi personaggi, su cui si sarebbe potuta fare una trilogia ciascuno alla Cassandra Clare maniera, che hanno ricevuto meno di una pagina e mezza di gloria ciascuno. 


Senza rivelare troppi dettagli (non ci tengo proprio ad essere linciata da migliaia di spoiler-fobici imbufaliti), posso dire che questo pout pourri, questo minestrone riscaldato, non mi ha proprio soddisfatto: persino il finale, che avrebbe dovuto invece lasciare tutti a bocca più che aperta, è stato smorzato da questa sciapitezza (o scipitaggine, fate un po’ voi) generale. Non fraintendetemi, però: non sto dicendo che questo libro fosse privo di buone trovate, ma che quelle presenti -decisamente troppe- non sono state sviluppate a dovere, risultando nella migliore delle ipotesi un invito al lettore ad aguzzare fantasia e curiosità in vista di Gods & Monsters, e nella peggiore un mozzicone mezzo sciancato reduce da uno spietato lavoro di sintesi. 

Ma forse dipende dal fatto che io al primo libro mi ero affezionata tanto, ma veramente tanto, e che speravo che questo secondo reggesse il paragone. Non posso nemmeno dire che si tratti di un brutto libro nel senso stretto del termine: più che altro si è rivelato deludente, che per me è molto peggio di brutto o illeggibile; riprendendo il paragone con il minestrone, Blood & Honey è un insieme di molti ingredienti buoni e saporiti, ma talmente mescolati tra loro che il sapore alla fine semplicemente non c’è, o che è completamente diverso da quello che ti aspettavi. Ma alla fine lo mangi lo stesso. 

Concludo con uno sconsolato “Peccato!” a cui aggiungo anche un “Che spreco, ragazzi!”


Come la Principessa Leila in Una nuova speranza si rivolgeva ad Obi Wan Kenobi, così io dico “Aiutami, Gods & Monsters, sei la mia unica speranza!” (sono perfettamente cosciente di avere qualcosa che non va, abbiate pietà di me): in questa che non posso definire in altro modo se non “la nostra ora più disperata” (d’accordo, la smetto), possiamo solo augurarci che il terzo e ultimo capitolo della trilogia, in uscita negli Stati Uniti il prossimo 27 luglio, riesca a risollevare le sorti di questa serie: la Mahurin era partita talmente bene che al solo pensiero di una fine “grigia” come Blood & Honey mi viene da piangere!

A voi è mai capitato di avere aspettative altissime per un libro che poi sono state irrimediabilmente deluse? Fatemelo sapere qui sotto! 

A presto e buona lettura!

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