San Valentino: qualche spunto letterario per passare un sereno ed eremitico giorno degli innamorati


Al mondo esistono due categorie ben distinte: quelli che stravedono per San Valentino, per i cioccolatini, i peluche, i mazzi di rose e le cenette a lume di candela, e quelli che ogni anno sono costretti a sopportare l’irritante presenza di migliaia di coppiette che svolazzano in giro tubando come colombe. Inaspettatamente, io appartengo alla seconda categoria. Non che io non sia una persona romantica -in fondo, molto in fondo, il mio cuore di pietra batte ancora-, semplicemente trovo illogico tutto questo affetto improvviso da regalare in una triste, fredda giornata di febbraio -come se non avessimo già abbastanza problemi in una triste, fredda giornata di febbraio; non vedo per quale motivo, improvvisamente, il mondo intero debba trasformarsi nel set di una patinata commedia romantica americana, piena di eccessi e terribili cliches, per rispettare un’assurda tradizione che prevede localini strapieni, interminabili code davanti alle gioiellerie, prezzi di gadget, rose e compagnia bella saliti alle stelle. Intendiamoci, però: non sono assolutamente contro fiori, regali e cioccolato (ecco, soprattutto il cioccolato), ma dover passare una serata all’insegna del romanticismo forzato solo per sentirmi parte di una folla numerosa, che tra l’altro mi ritroverei dovunque tra i piedi, non fa per me. 


Alla luce di tutto questo, potrebbe non esservi chiaro il motivo per il quale sto scrivendo questo post rovinando l’atmosfera generale con la mia irritante opinione. Presto detto: perché quest’anno è diverso. Quest’anno, questo orribile, tremendo anno, ci fornisce la scusa perfetta per rimanere a casa tranquilli e sereni accoccolati sotto le coperte. Cosa c’è di più romantico di una serata che termina alle 18:00 in punto, senza potersi nemmeno dare un bacio per colpa delle asfissianti mascherine che siamo perennemente costretti ad indossare? Diciamo che due o tre cosette mi vengono in mente. Senza contare che nei negozi, di solito strapieni, attualmente il numero massimo di persone è pari alla quantità di congiuntivi azzeccati in televisione. E, ciliegina sulla torta, questo fine settimana sono previsti freddo, pioggia e varie calamità naturali che credo scoraggiano il generale spirito romantico. Perché, anche se camminare abbracciati sotto l’ombrello durante un temporale ha i suoi indiscutibili vantaggi, farlo a più di un metro e mezzo di distanza può rivelarsi leggermente più complicato. 


Passare però un San Valentino decente (ovverosia il mio San Valentino ideale) è comunque possibile: ci si può affidare ai migliaia di film zuccherosi presenti su ogni piattaforma streaming, agli album più dolci mai incisi disponibili grazie a Spotify, e ovviamente ai libri. Cari, vecchi, meravigliosi libri. E qui subentra il mio secondo problema legato al romanticismo (o il terzo, visto che ci sarebbe anche quell’inezia che riguarda un fidanzato completamente inesistente): io ho una vera e propria avversione per tutte le storie d’amore che troviamo allineate sugli scaffali di ogni libreria. I “ti amo” gettati lì a manciate, le atmosfere filtrate da spessissime lenti rosa, i soliti personaggi tutti uguali non fanno proprio per me. Ed è questo il motivo che mi porta a scrivere un articolo del genere: dare a chi come la sottoscritta non può proprio soffrire i classici romanzi rosa (non che nei romanzi rosa ci sia qualcosa di sbagliato, anzi, la mia è una semplice opinione personale) degli spunti comunque validi per passare un buon San Valentino letterario.


I grandi classici romantici: Jane Austen e i matrimoni d’amore

Questi, forse, sono quelli che più si avvicinano alla classica idea di amore letterario, e a ragione (e sentimento): i libri di Miss Jane Austen sono infatti diventati veri e propri capisaldi non solo della letteratura britannica, ma anche di quella mondiale. Non credo di dover dire nulla a proposito delle ambientazioni regency, della campagna inglese, dei balli e dei tè per i membri della buona società, e soprattutto delle protagoniste femminili che, rifiutando di praticare quel diffusissimo sport che era la caccia al marito più danaroso, terminavano immancabilmente le proprie peripezie sentimentali in un matrimonio d’amore. La Austen, infatti, dipinge con la sua infallibile e arguta ironia il mondo della gentry, l’alta borghesia di campagna, prendendo ad esame proprio questa imprescindibile e inevitabile istituzione, che spesso aveva più a che fare col portafoglio che col cuore. Istituzione che, bisogna dire, la Austen si è ben guardata dallo sperimentare: il suo vero amore, infatti, era la scrittura, nonostante questo non fosse esattamente un matrimonio di convenienza (dai suoi capolavori, zia Jane non ricavò praticamente nulla). Tramite le sue eroine, la scrittrice non esprime alcun odio, né per la società, né per il mondo maschile, né per l’autorità genitoriale; eppure, la sua è una rivoluzione enorme: per la prima volta, una donna può scegliere -e non subire- il matrimonio. Una rivoluzione compiuta a piccoli passi, certo, ma che permette finalmente alle ragazze di determinare il proprio destino, pur rimanendo all’interno di un sistema che di libertà sapeva poco e niente. Ed è così che Elizabeth rifiuta per ben due volte un matrimonio senza amore, perdendo prima la possibilità di conservare la propria casa e poi quella di riservarsi un prospero e roseo futuro sognato da ogni fanciulla rispettabile; e anche se alla fine, vinti l’Orgoglio e Pregiudizio, il matrimonio tra l’arguta Lizzie e il ricco e apparentemente insopportabile Mr Darcy viene celebrato, il denaro e la posizione sociale sbiadiscono in confronto all’amore sincero che entrambi provano l’uno per l’altra. Allo stesso modo, le sorelle Elinor (la Ragione, la calma, il buon senso) e Marianne (il Sentimento, la passione, l'irruenza), dopo mille peripezie, segreti taciuti e cuori infranti riescono a trovare l’uomo che riesce a far battere i loro cuori, così diversi tra loro ma entrambi capaci di un amore sconfinato. Sta a voi decidere in quale sua forma ritrovarvi, se in quello ardente ma spesso doloroso (perché si sa, giocare con il fuoco comporta i suoi rischi) o in quello celato, quasi invisibile, ma altrettanto potente. Peraltro, di questi due capolavori esistono anche dei meravigliosi adattamenti cinematografici (entrambi disponibili su Netflix) con dei cast a dir poco stellari; perciò, cosa c’è di meglio in questo piovoso fine settimana che viaggiare anche solo con la mente nell’umida e romantica Austenland?


Un amore epistolare ai tempi della tecnologia: Le ho mai raccontato del vento del Nord

Quanto è romantica l’idea di un amore mai visto, lontano, eppure tangibile attraverso l’inchiostro nero, la sua calligrafia riconoscibile fra mille, il profumo della carta ingiallita leggermente macchiata? Conservate lo stesso sentimento, ma sostituite la cancelleria austeniana (tanto per restare in tema) con un più moderno computer e una casella di posta elettronica: otterrete il romanzo epistolare Le ho mai raccontato del vento del nord, dello scrittore austriaco Daniel Glattauer. Tutto comincia da una mail, destinata alla casa editrice di una rivista, che arriva al destinatario sbagliato: così inizia la comunicazione tra Emmi Rothner, felicemente sposata con il “suo” Bernhard e matrigna perfetta dei suoi due figli, e Leo Leike, psicolinguista reduce da una lunga e sofferente storia d’amore con una certa Marlene. Pian piano tra i due si instaura un rapporto di complicità e amicizia, destinato a trasformarsi in una forza potente e inarrestabile che può mandare all’aria le loro vite quasi quanto il vento del Nord. Un romanzo breve, fugace, immediato, una sorta di favola moderna che nessuno si aspetterebbe mai di vivere, ma che di fatto potrebbe accadere a chiunque. La narrazione epistolare mi ha sempre affascinato, ma in nessun altro libro mi è capitato di sentire così vicine le storie dei protagonisti: il linguaggio immediato e spontaneo e le situazioni reali non tolgono infatti nulla all’inarrestabile sentimento d’amore, contrastato senza successo dagli stessi protagonisti. Le ho mai raccontato del vento del nord potrebbe essere il libro perfetto per questo San Valentino, pronto a ricordarci che anche chiusi in casa, anche attraverso uno schermo, possiamo trovare qualcuno che ci comprende e che è pronto a brindare insieme a noi. 


Storie di agape: Itaca per sempre 

Anche se magari vi aspettavate che questo posto venisse occupato da La canzone di Achille, posso assicurarvi che ci sono moltissimi altri retelling di argomento mitologico che trattano di quell’Amore leggendario che abbiamo imparato a conoscere sui banchi di scuola. Uno tra tutti, uno dei miei preferiti, è Itaca per sempre di Luigi Malerba. La guerra di Troia è finita da molto tempo, ormai, ma Ulisse non è ancora tornato. Forse non tornerà mai. Penelope, rimasta ad Itaca, deve difendersi da sola dalle insidie dei Proci, che diventano ogni giorno più insistenti per ottenere finalmente la sua mano e soprattutto la sua corona. Quello che ancora non sa è che l’amato sposo è approdato sulle coste sassose della sua isola travestito da mendicante, e con l’aiuto del porcaro Eumeo e del figlio Telemaco è pronto a mettere in atto la sua vendetta. Quando giunge a palazzo e si presenta sotto mentite spoglie al cospetto della regina, Penelope non ha dubbi: Ulisse è tornato. La gioia indescrivibile di quel momento è però turbata da un pensiero doloroso e carico di risentimento: perché suo marito, dopo tanto tempo, si cela anche a lei come se fosse una sua nemica? Dubita di lei come donna, come moglie? Forse non l’ama più, o forse non l’ha mai amata? Questi dubbi feroci vengono celati da una coltre di freddezza e incredulità, che genera gli stessi penosi interrogativi anche nell’eroe dal multiforme ingegno. Comincia quindi una danza dolorosa e invisibile tra i due protagonisti, che dubiteranno della persona amata e delle proprie capacità fin quando non rischieranno di perdersi ancora una volta. Malerba mette in scena il dramma interiore di due forti personalità, di due menti ugualmente acute, di due cuori piegati dalla lontananza e dal tempo ma non ancora disposti a spezzarsi. Questo libro mostra una Penelope inedita, capace non solo di eguagliare ma anche di oscurare la figura di Ulisse: spesso infatti ci dimentichiamo dell’astuzia e della resilienza con la quale ha affrontato, completamente sola, una guerra straziante quanto quella di Troia per difendere la sua libertà, la sua famiglia e il suo regno. Itaca per sempre è un libro profondo, sottile e intenso che ci racconta di un amore maturo che ha però la stessa forza e la stessa spietatezza della prima, bruciante passione. Un romanzo che forse può ricordarci cosa davvero significhi Amore.


Fantasia e amore: due magie ugualmente potenti

Probabilmente si è capito che amo alla follia il genere fantasy: le ambientazioni originali, i protagonisti misteriosi, le situazioni paradossali sono secondo me il miglior modo per evadere dalla quotidianità. Se a questo si aggiunge una bella -e per carità, non stereotipata- relazione amorosa, allora potete anche lasciarmi in un angolino e far finta che non ci sia. Dopo queste poche righe voglio velocemente introdurvi i libri che vi propongo per questa categoria: la serie de La corte di rose e spine di Sarah J. Maas e Serpent & Dove - La strega e il cacciatore di Shelby Mahurin. Non mi dilungo oltre (so di aver già scritto troppo, e, credetemi, non ne vado assolutamente fiera), poiché su questo blog potete trovare entrambe le recensioni recentemente pubblicate.


Spero che questo excursus letterario in alternativa ai classici romanzi rosa sia stato di vostro gradimento. Anche voi siete alla ricerca di qualche storia d’amore diversa e ne avete qualcun’altra da consigliare? O invece preferite i romanzi rosa fini a sé stessi? E soprattutto, qual è la vostra opinione in merito a San Valentino? Fatemi sapere tutto nei commenti. Alla prossima recensione!


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