Lettera a un bambino mai nato


Quello di cui vi parlerò oggi, cari lettori, è un libro piuttosto particolare, sia perché l’ho letto in compagnia del primo gruppo di lettura a cui ho partecipato, ma soprattutto perché è stato un vero e proprio pugno nello stomaco: sto parlando del romanzo Lettera a un bambino mai nato della scrittrice e giornalista Oriana Fallaci.


Una donna, una come tante altre, ha appena scoperto di essere incinta: nulla di strano, né di problematico. Se però quella donna non è sposata né fidanzata, lavora in un mondo prettamente maschile e maschilista (quello del giornalismo) e vive negli anni 70, la cosa comincia a complicarsi. Anche se in realtà non è di questo che lei si preoccupa: la domanda che più la assilla infatti non è “come farò io?”, bensì “come farà lui?”; quella donna, quella madre, si chiede infatti se far nascere un bambino contro la sua volontà in un mondo così crudele e privo di speranza sia la cosa giusta da fare. Prende così vita un dialogo, una lunga lettera diretta a quello che potrebbe diventare suo figlio, in cui la donna, in quelle che chiama favole ma che in realtà sono dolorose e struggenti testimonianze, racconta del sopruso, della mancanza di libertà, del sessismo che caratterizzano ogni società; ma i dubbi si susseguono veloci, le difficoltà aumentano, e un’altra domanda emerge: è giusto sacrificare una vita già fatta, quella della madre, per una che non esiste ancora? Il percorso della donna viene mostrato con tutte le sue contraddizioni e i suoi difetti, ma anche con le gioie e i suoi sprazzi di positività, diventando il manifesto di tante donne che di fronte al mettere al mondo una nuova vita si trovano indifese, spaurite, anche a causa del pensiero di chi le circonda: tra il medico ottuso e tradizionalista, l’amica femminista, il padre del bambino tanto ipocrita quanto fastidioso, la dottoressa moderna e gli anziani genitori, chi saprà riconoscere in lei non soltanto una donna, non una madre, ma una persona? Chi deciderà di assolverla, chi di condannarla, e chi di supportarla qualsiasi cosa accada?


Questo libro è stato, senza mezzi termini, un pugno nello stomaco, e ringrazio ancora le ragazze del gruppo di lettura per avermi fatto scoprire Oriana Fallaci, una scrittrice che conoscevo solo di nome e alla quale altrimenti non mi sarei mai approcciata. Prima di iniziare a parlare di questo romanzo straordinario, anche in virtù del fatto che ha influenzato moltissimo i suoi scritti, è però importante conoscere qualcosa della vita di questa donna straordinaria.


Giornalista tra le più importanti del panorama italiano, Oriana Fallaci è nata a Firenze nel 1929, negli anni del pieno potere mussoliniano. Proveniente da una famiglia di fieri antifascisti, già da bambina impara a fare i conti con i soprusi, la povertà, gli orrori della guerra, entrando addirittura a far parte della Resistenza e in seguito ricevendo ad appena quattordici anni un riconoscimento d'onore dall'Esercito Italiano. Già queste poche righe bastano a testimoniare la forza d'animo, il coraggio e anche la testardaggine di questa incredibile scrittrice, e andando avanti la sua vita si fa ancora più straordinaria: man mano che la sua bravura viene riconosciuta (principalmente dopo l'uscita del suo primo libro, I sette peccati di Hollywood), si occupa di un’inchiesta sulla condizione della donna che, raccontata ne Il sesso inutile, la porta soprattutto in Oriente, dove in seguito ritornerà come giornalista di guerra (in Vietnam nel 1967 e in Libano alla fine degli anni ‘90, come scritto nei libri Niente e così sia e Inshallah); inoltre, si fa conoscere come autrice di narrativa con il suo Penelope alla guerra. Diviene poi responsabile di un reportage su alcuni degli astronauti pronti a imbarcarsi per una missione spaziale, divenuto poi il romanzo Se il sole muore, ed è inoltre presente al lancio della missione spaziale Apollo 11, esperienza narrata in Quel giorno sulla luna. La sua fama la porta ad intervistare per L’Europeo alcuni degli uomini più importanti del pianeta, tra cui spiccano sicuramente Ruḥollāh Khomeynī, davanti al quale, offesa da una sua risposta, si toglie il chador che è stata costretta ad indossare, e Alekos Panagulis, eroe della lotta contro la dittatura dei colonnelli in Grecia, che diventa presto suo compagno e al quale dedica il libro Un uomo; queste e altre tra le sue interviste più celebri vengono in seguito raccolte in Intervista con la storia. Purtroppo, oggi Oriana Fallaci è ricordata sempre più spesso per opere come La rabbia e l’orgoglio e La forza della ragione, scritte in seguito agli attentati dell’11 settembre e considerate razziste e islamofobe, mentre vengono taciute la sua perseveranza nella ricerca della verità, la schiettezza, l’indipendenza e l’indiscusso coraggio, oltre ovviamente alla sua professionalità e al suo grande talento; queste caratteristiche le ritroviamo anche -e purtroppo- nella sua morte: dopo aver scoperto di avere un cancro ai polmoni, preferisce infatti ultimare la traduzione inglese di Inshallah piuttosto che iniziare subito le cure, scelta ampiamente discussa e criticata che dimostra però l’importanza del rapporto “quasi materno” tra lei e i suoi libri.


Ma dopo aver parlato ampiamente della vita di questo “mostro sacro” del giornalismo italiano, concentriamoci su Lettera a un bambino mai nato. Questo libro, scritto nel 1975 -ben quattro anni prima della Legge 194-, era stato in realtà concepito come un’inchiesta sull’aborto voluta da Tommaso Giglio, allora direttore de L’Europeo, tant’è che pare che l’uomo, dopo aver ricevuto il manoscritto, non abbia mai perdonato la Fallaci per questo suo “colpo di testa”. Sembra in realtà che la genesi del romanzo sia precedente e che risalga al secondo aborto spontaneo di Oriana, che perse il bambino (di cui ancora oggi non si conosce il padre, nonostante si facciano varie ipotesi) e che non riuscì più ad avere figli.

Dopo avervi ammorbato per una pagina e mezza, mi mancano letteralmente le parole per rendere giustizia a questo capolavoro che mi ha lasciato senza fiato, tanto durante la lettura quanto a distanza di tempo. Cercherò comunque di srotolare con voi l’intricatissima matassa dei miei pensieri, perché di una cosa non ho dubbi: questo è un libro che necessita di essere letto. 


Come ho detto all’inizio, questo libro è stato un pugno nello stomaco, un’esperienza intensa ma rapida, necessaria e tutt’altro che indolore, ma pervasa da una bellezza unica: l’autrice, grazie al suo stile potente e ammaliante, è riuscita a far arrivare tutte le emozioni di quella donna di cui non si sa praticamente nulla, ma che ho sentito talmente vicina da provare il suo stesso dolore. Il suo è un flusso di coscienza continuo in cui emergono tutte le sue incoerenze e le sue fragilità: la nostra narratrice infatti non intende nascondere sé stessa né tantomeno la realtà in cui il bambino dovrà -dovrebbe- venire alla luce, che è mostrata in tutta la sua crudezza e la sua “normale” brutalità. Dico normale perché ormai tutti siamo abituati a questi soprusi, tant’è che non ci facciamo quasi più caso o al massimo reagiamo con un’alzata di spalle e un profondo sospiro. E questo, alla nostra futura madre, non va assolutamente bene. E così al bambino racconta favole senza lieto fine, tratte dalla sua esperienza personale (o meglio, da quella della stessa Fallaci: anche per questo mi è sembrato così importante accennarvi una sua biografia): non più streghe e mostri ma guerra e umiliazione, non più principesse ma povere vittime in attesa di un riscatto lontano che si fa ancora attendere.

Vale la pena, quindi, di venire in un mondo in cui “Dio è un vecchio con la barba: mai una vecchia coi capelli bianchi”? Vale la pena di soffrire così tanto quando “in qualsiasi sistema tu viva, non puoi ribellarti alla legge che a vincere è sempre il più forte, il più  prepotente, il meno generoso”? Questa giovane madre non lo sa; a quanto pare, però, è l’unica. L’unica, già, perché coloro che la circondano sanno benissimo cosa pensare: c’è chi dice che è la vergogna di tutte le madri, che tenendo in così poca considerazione il suo futuro figlio è una vera e propria criminale, e chi invece la vede come la paladina di tutte le donne, decisa a qualsiasi prezzo a non annullare la sua persona e a soccombere a un destino che lei non si è scelta. La sconvolgente modernità di questo libro, scritto quando l’aborto era ancora un reato, secondo me è proprio questa: per una volta, il nodo centrale non è la presa netta di posizione, lo schierarsi conto o a favore della vita (quale vita, poi? quella sacra del piccolo? quella altrettanto importante della madre?); finalmente, riusciamo a renderci conto che al centro di tante polemiche e dibattiti non c’è un ideale astratto, ma una persona fatta di carne e di sentimenti, dal dolore alla paura, dalla rabbia alla gioia più sfrenata. Come si può dall’esterno giudicare la complicata e tragica odissea di un essere umano in preda alla più vasta gamma di emozioni? Come siamo arrivati a dimenticare che le situazioni che ciascuna madre prova quando si trova davanti alla scelta di abortire o meno sono diversissime ed estremamente personali? Eppure, la maggior parte della gente spesso si sente in dovere di essere giudice e giuria di quello stesso processo che la nostra protagonista si troverà suo malgrado a subire, dove sarà costretta a portare sulle spalle il peso dei destini di ogni madre responsabile e di quelli di ogni donna in cerca della propria emancipazione. Come moltissime altre giovani simili a lei che ogni giorno affrontano questo calvario, le sarà negato il diritto di decidere per il proprio corpo, diritto sui cui nessuno dovrebbe mai mettere bocca, che si tratti del medico bigotto o della femminista convinta. Ma in questo tragico e attualissimo scenario, ci sarà qualcuno che finalmente riuscirà a vederla non come la Donna o la Madre, ma come una persona? E soprattutto, cosa avrà da dire in proposito il vero protagonista della storia, il futuro bambino?


Per quanto mi riguarda, oggi ho detto anche troppo. L’unica cosa che voglio aggiungere è una semplice invocazione, una preghiera che rivolgo a tutti voi, lettori e lettrici: vi prego, vi prego, vi prego, leggete questo libro, e non lasciate che la sua modernità e la sua bellezza vengano pian piano eclissate dal tempo! Vi prego, fate una delle scelte più sagge mai compiute fino ad ora e aprite il vostro cuore e la vostra mente a Lettera a un bambino mai nato: posso assicurarvi che non ve ne pentirete. 

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